Pathos

Si vedeva lontano un miglio quanto io e mio fratello fossimo diversi.
Logos, era il maggiore, e ogni giorno amava vestirsi di tutto punto. Camminava impettito, con lo sguardo lungo e dritto. Mai un saluto, un sorriso, uno scambio di battute.
Io, Pathos, al contrario, ero sempre stravagante... Mi potevi trovare per la strada a tutte le ore a scherzare e sorridere con chiunque incontrassi.
Logos era rinomato per la sua razionalità, la sua saggezza. E per questo motivo era circondato da amici. Uomini e donne che si avvicinavano a lui per avere consigli su come vivere, come agire, come non aver paura della morte, in che modo affrontare la vecchiaia.
Io, invece, ero conosciuto per la mia irrazionalità, il mio atteggiamento istintivo,spontaneo, ingenuo, e perciò indifeso. Ed era proprio  per questo motivo che le persone che avevo incontrato nella mia vita , mi avevano quasi sempre utilizzato e poi abbandonato, considerandomi, alla fine, un male da cui doversi tenere lontano.
E così, con il passare degli anni, mi ero convinto che la mia vita si sarebbe svolta nella più totale solitudine. Avrei incontrato sicuramente tante persone, ma nessuna si sarebbe fidata di me, nessuna mai mi avrebbe chiesto consigli, nessuna sarebbe veramente diventata mia amica.
Fino a quando...
Un giorno, arrivata l’ora del tramonto, decisi di incamminarmi verso il lago. Era una mia abitudine quotidiana quella di intraprendere quel sentiero tortuoso e pieno di pericoli, perché, mi faceva sentire vivo. Ma io, a quel lago, non c’ero mai arrivato. Ogni giorno, da anni, avevo sempre incontrato qualcuno o qualcosa che mi avevano costretto a tornare indietro.
Quel pomeriggio, però, l’atmosfera sembrava quasi magica. Un silenzio assordante accompagnava i miei passi che, uno dopo l’altro, mi condussero fino alla meta.
Lo spettacolo che mi si propose davanti agli occhi, aveva qualcosa di straordinario. Il lago, il cielo, il sole, gli uccelli! Mai vista così tanta meraviglia!
«Bellezza!» esclamai.
«Finalmente qualcuno mi invoca!» ribatté una voce.
«Chi è che parla?» chiesi allora spaventato.
«Sono proprio io, la Bellezza!- rispose .  «Chiamami ancora, te ne prego! È da tanto che aspetto questo momento».
«Io non credevo alle mie orecchie.  Ma preso ancora di più dal mio istinto continuai: «Bellezza! Bellezza!».
«Tu non puoi immaginare quale grande emozione oggi tu mi stai regalando» mi rispose la voce
«Lo so bene, lo so bene,» le dissi «mi chiamano Pathos per questo, perché regalo emozioni improvvise. Ma succede sempre così: all’inizio, sono tutti estasiati dalle mie doti, ma alla fine finiscono tutti per pentirsi di avermi conosciuto. È lo stesso copione da una vita».
«E perché mai dovrei pentirmi di averti conosciuto?» mi chiese.
«Te l’ho già detto, risposi. Funziona così: si avvicinano a me perché sono capace di regalare alle persone  forti emozioni, ma poi nessuno è  in grado di reggerne il peso; oppure si spaventano e  fuggono… e alla fine cercano conforto da Logos».
«E chi sarebbe Logos?» insistette.
«Mio fratello… il saggio! È l’emblema della razionalità, lui rimette tutti in sesto con la mente, con il pensiero, con il ragionamento…» esclamai.
«Su, su, non disprezzare la saggezza! Questo mondo ne ha tanto bisogno» incalzò la voce.
«Non lo nego, ma vedi che anche tu sei come gli altri?» le replicai «hai paura di lasciarti andare. Tra me e lui, alla fine, sceglieresti come compagno di viaggio… lui!».
Ma fu proprio in quel momento, però, che scoprì qualcosa di grande, quando la voce mi disse: «Ma questo mondo ha anche bisogno di bellezza… di tanta bellezza. Guardati intorno. Guarda come gli uomini non riescono più a vivere questo sentimento così puro e raffinato, non riescono più a provare quella deliziosa commozione che uno spettacolo della natura può provocare. E invece tu sei stato in grado di coglierla».
Le sue parole mi colpirono a tal punto che per un attimo rimasi in silenzio. Poi le domandai: «E perché?».
«Perché, mi disse, per cogliere la Bellezza non è necessaria la saggezza».
«In che senso, scusa?» replicai.
E lei: «Il bello è ciò che attrae, ciò che piace così, universalmente, senza concetto. È necessaria, sì, la saggezza, ma quella del cuore».
«Vuoi forse dire che la bellezza si deve ammirare senza pensare,?» insistetti.
« Voglio dire che si deve ammirare senza troppe costruzioni mentali» rispose. «Il bello è tale, proprio perché vissuto “spontaneamente” come bello».
«Cioè vuoi dire che deve essere vissuto come vivo la vita io, Pathos, e non come la vive mio fratello Logos?» le dissi.
«Mettiamola così, se ti fa piacere» mi rispose.
«Mi stai dicendo che, per una volta, la mia passione potrebbe produrre effetti positivi?» continuai.
«Diciamo che, per questa volta, potrebbe essere usata nel modo giusto» mi rispose.
A quel punto capii che stavo finalmente per prendermi una rivincita, e le chiesi: «Posso riferire a tutti gli uomini e alle donne della terra che anch’io, come Logos, sono in grado di indicare una prospettiva per la loro vita di cui non pentirsi?».
«Senza ombra di dubbio» sentenziò la voce.
A un tratto, però, fui assalito da una forte perplessità : «Ho un problema!» esclamai.
«Quale?» mi chiese.
«Non sono convinto che potrei essere creduto. Finora ho solo combinato guai!».
«La voce  tentò allora di rassicurarmi: «Sì, ma nella vita si può anche cambiare, non credi?».
I miei dubbi, però, aumentavano, perché la mia natura non sarebbe mai potuta cambiare o essere diversa: io ero Pathos, e Pathos sarei rimasto per sempre.
Quando tutta quella magia sembrava crollare, la voce urlò: «Mi hai fatto venire un’idea!».
E io: «Quale?».
«Noi non dovremo cambiare la tua natura» mi disse. «Hai ragione: tu sei e rimarrai per sempre Pathos, la passione. Ma diventerai la mia passione… la passione per la Bellezza!».
Non riuscivo a seguirla.
«Si chiamerà Kalopatia» continuò: «una nuovissima forma di passione, di vera dipendenza dalla bellezza che dovrà contagiare tutti diffondendosi nel mondo».
«E così, alla fine, saremo in due a essere abbandonati!» le risposi.
«Ma no!» insistette allora con sempre maggiore entusiasmo. «Sarà questa la nostra sfida: costringere gli esseri umani a rimanere affetti di Kalopatia a vita». 
«E come faremo?» le chiesi.
«Li solleciteremo con effetti speciali e formule stravaganti,» disse «ricordando loro, in ogni istante, che vivere la bellezza rimane l’unica passione con la quale rendere straordinario ogni giorno della loro vita. E sarai tu, Pathos, il profeta di Kalopatia!».
«Io un profeta?» mi sembrava tutto un grande sogno. Per la prima volta potevo finalmente mettere la mia passione a servizio di tutti gli esseri umani. Senza distinzione alcuna. E così cominciai a gridare: «Ehi uomini, avete sentito? Nuova passione in arrivo! Vi stupirà, vi stordirà, vi ammalerà! Ma alla fine renderà la vostra vita unica e straordinaria!».
E la voce: «Rimani sempre un folle, però, non è vero?».
«Pathos si nasce, signora Bellezza!» risposi.
«E allora contagiamo il mondo di Kalopatia! Gli uomini ce ne saranno grati!» concluse.
«Ehm… un’ultima cosa…» indugiai.
«Dimmi, Pathos» rispose.
«Possiamo partire contagiando Logos?».
Quella rise e cominciai a ridere anch’io. E così ridendo, cominciammo il nostro cammino insieme.

Pathos